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~ Azzurro, come il mare dove si vorrebbe annegare per soddisfare quel pazzo desiderio di immenso

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Sogno

01 venerdì Feb 2019

Posted by paolina campo in mare, silenzio

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donna, mare, notte, sogno

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Un’altra notte era trascorsa e un nuovo giorno si accendeva.

Quella notte una donna di pietra era stata raggiunta da un esercito di granelli di nera sapienza e le ripetevano in coro un messaggio che tanto rumore faceva.

-Donna! Donna che hai lottato per avere uno spazio, una voce, un pensiero! Che al mattino ti svegli per capire cosa dire, cosa fare; e la sera ti abbandoni a pensieri che sai voleranno lontano da questo mondo strano, guarda in faccia la vita e lasciati andare, segui la scia della nera sapienza.-

Cominciarono, quindi, per salvarle la vita (così loro pensavano), a toglierle via la parola. Aveva un suono diverso e fuggiva lontano a scoprir chissà quali cose: pensieri vecchi, valori lontani e rendevano triste la donna di pietra che da quella notte rimase senza parola. Così aveva deciso l’esercito della nera sapienza. Ma pur senza parola, il suo cuore batteva perché fosse ascoltato.

-Oh donna di pietra, tu hai troppe pretese! Non volerai mai lontano se continui a sperare che la vita ti offra una spalla dove versar lacrime e gioia. Sei già senza parola!-

L’esercito le tolse anche quel cuore troppo esigente, troppo complicato e partì lasciandola lì, finalmente felice (così loro pensavano). Ma la nera sapienza dimenticò di toglierle gli occhi, curiosi, vivaci come bambini sulla battigia a saltare sulle onde. Un mattino furono raggiunti dal mare che li presi e li portò dove i pesci, senza parola, nuotavano leggeri e, danzando, raggiungevano la superficie salmastra e giocavano con i raggi del sole.

Un’altra notte era passata e un altro sogno aveva raggiunto i raggi del sole nascente.

La strada

28 mercoledì Mar 2018

Posted by paolina campo in Salina

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magia, mare, silenzio, sogno

L’ odore della terra bagnata,

i freschi colori dell’erba,

una roccia scura di lava,

antica e superba,

e una strada

come il sorriso di donna

che la notte mette le ali,

vola lontano e

quando al mattino ritorna,

ha nello sguardo

la magia di un sogno

nascosto tra le gocce di brina

che guardano il mare.

Se una sera all’orizzonte

15 lunedì Gen 2018

Posted by paolina campo in pensieri

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mare, parole, sogno, tramonto

Se una sera, all’orizzonte,

potessi sedermi accanto al sole

che lentamente affonda i suoi colori nel mare,

e potessi chiedergli di farmi compagnia

mentre aspetto che un’emozione abbocchi

e lentamente parli…

Se una sera all’orizzonte

riuscissi a dialogare con il vento

e ascoltare i suoi soffi

furibondi o lievi,

veri e confidenti…

Se una sera all’orizzonte

riuscissi a lanciare l’amo,

una volta lontano, una volta vicino

e pescare parole per raccontare

quello che non so dire….

Allora avrò fatto un sogno

dove desidererò rimanere.

Poi piovve su l’alta fantasia…

20 venerdì Ott 2017

Posted by paolina campo in mare, silenzio

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Dante, Efesto, fantasia, mare, sogno, tramonto

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Navigarono tutto il giorno con il sole che muoveva come marionette le loro ombre sulla chiglia, a poppa e a prua e scandiva il tempo di quella  estenuante traversata. Navigavano con il cuore pieno di speranza e con il corpo carico di stanchezza. Al tramonto l’orizzonte marcò forte la sua presenza e segnò con determinazione il confine tra il mare e il cielo. Il guscio di legno su cui si erano imbarcati sembrava stesse per essere inghiottito dal silenzio dei colori che parlavano di fate e spiriti maligni.

-Tieni questa coperta. Adesso comincia a fare freddo-

La voce di suo padre, uscita dal silenzio, gli arrivò nitida per poi dileguarsi tra le fitte maglie di quell’intreccio magico di colori e aria tutto intorno.

Si avvolse nella coperta e fissò il suo sguardo lontano fino a che le palpebre si chiusero, la testa si accoccolò su una spalla e il corpo si piegò per trovare rifugio e riposo sulla chiglia del guscio di legno. Dormiva. O almeno credeva che stesse dormendo, perché si vide seduto sull’orizzonte con le gambe penzoloni verso uno spazio occupato da un bagliore di fuoco che, sembrava, avesse sciolto ogni cosa per levigare e addolcire gli angoli spigolosi del giorno passato e consegnare rinnovata bellezza.

Detto così, la lasciò dove stava e tornò ai suoi mantici:

li rivolse al fuoco e comandò loro di agire.

I mantici, venti in tutto, soffiavano sopra i crogioli,

mandando ogni tipo di refolo, che attizzasse il fuoco,

che allorché s’affrettava spirasse, altra volta smettesse,

come Efesto voleva, concluso il lavoro.¹

Sentì di provare un’ incredibile vertigine e, alzando lo sguardo, vide che le stelle si facevano sempre più prossime e la luna gli porgeva il candido lenzuolo dei sogni. Sollevò una mano e toccò le pareti infinite del cielo. Poi, cominciarono a piovere immagini, emozioni, storie, sorrisi e pianti e si vide muovere dentro ogni goccia mentre ancora restava seduto.

O imaginativa, che ne rube

tal volta sì di fuor, ch’uom non s’accorge

perché dintorno suonin mille tube,

chi move te, se il senso non ti porge?

Moveti lume che nel ciel s’informa

per sé o per voler che giù lo scorge.²

Poi piovve dentro a l’alta fantasia³ e fissò lo sguardo dentro una goccia, o forse era una stella, e sentì risa di bambini e giochi tra le onde, schizzi di acqua e un odore di dolci ripieni di mandorle appena raccolte. E poi c’era sua madre che volava lontana e suo padre che stanco aspettava un sorriso e costruiva per sé delle ali per poterla raggiungere.

-Svegliati! Siamo arrivati. Dormiremo qui stanotte. Domani ripartiamo.-

Da una goccia di pioggia della sua fantasia si staccò la voce del padre. Lasciò  allora l’orizzonte e tornò sul suo gozzo.

 

 

 

¹Omero, Iliade, Libro XVIII, 468-473

²Dante, Divina Commedia, Purgatorio XVII, 13-18

³Ibid, 25

 

 

Afterglow

17 sabato Giu 2017

Posted by paolina campo in pensieri

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Borges, sogno, tramonto

Sempre è  commovente il tramonto

Per indigente e sgargiante che sia,

Ma più  commovente  ancora

È  quel brillio disperato e finale

Che arruginisce la pianura

Quando il sole ultimo si è  sprofondato.

Ci duole sostenere quella luce tesa e diversa,

Quella allucinazione che impone allo spazio

L’unanime paura dell’ombra

E che cessa di colpo

Quando notiamo la sua falsità,

Come cessano i sogni

Quando sappiamo di sognare.

Jorge Luis Borges 

Sogno

07 venerdì Apr 2017

Posted by paolina campo in luna, mare, silenzio

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falce lunare, onde, pesci, sogno


La falce della luna crescente era arrivata a toccare le onde. Ne raccoglieva la schiuma e pesci laboriosi e segretamente di lei innamorati, sistemavano la bianca spuma sull’arco di quel sorriso stampato nel cielo. Era tempo di pulire la parte nascosta e buia della luna e prepararla allo splendore, alla chiarezza delle promesse sepolte e dei sogni irrealizzati. Un pesce più grande di tutti lo prese sul dorso e guizzando tra le onde spumose, arrivò lì dove il buio non giungeva e tutto era bianco. Anche il pesce più grosso di tutti si mise al lavoro, mentre il giovane uomo, seduto sul bordo lunare, guardava il mare che, ceduta la schiuma alla luna, cominciava a riflettere una luce sempre più sfolgorante. Tra i raggi di quella luce riflessa, qualcuno cercava il suo sguardo. – Non è tempo! Devi tornare!- La leggerezza che lo aveva portato lassù si colmava di quel buio che aveva alle spalle. Cominciò a diventare pesante e scivolò da quel bianco lunare. Con un tuffo si trovò tra le onde e seguitò a lottare. 

Etta e la luna

06 lunedì Mar 2017

Posted by paolina campo in pensieri

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Dante, luna, sogno, viaggio

luna
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Quando ambedue i figli di Latona,

coperti del Montone e della Libra,

fanno dell’orizzonte insieme zona,

quant’è dal punto che ‘l cenìt i ‘nlibra

infin che l’uno e l’altro da quel cinto,

cambiando l’emisperio, si dilibra….……..¹

Era una sera d’estate, di quelle che ti fanno sentire addosso la fatica di un caldo appena mitigato da un timido venticello. Il sole si era sbizzarrito, aveva spruzzato colori alla rinfusa e pian piano spariva all’orizzonte. Ci si attardava volentieri fuori, sul balcone, e sdraiata su una delle poltrone disposte ordinatamente su quel loggione rivolto verso il sipario sempre aperto dello spettacolo del cielo, Etta godeva di quell’attimo magico che era la sera. A farle compagnia dei grandi boccioli che aspettavano di consegnarsi alla luce bianca della luna. Anche quella sera, come spesso ormai le accadeva, si sorprendeva a fare discorsi che immaginava potessero trasmettersi da cuore a cuore, come se potesse esistere una comunicazione che viaggiasse silenziosa e arrivasse lì dove doveva arrivare. Prese un foglio e cominciò a disegnare qualcosa: una casa, il mare, i pesci. Il suo tempo era diventato così, come quel foglio: disponibile. Ci si potevano scrivere delle parole. Qualcuno tentava di scriverne troppe e fare un enorme scarabocchio. Ne fece una barchetta e su un fianco scrisse lei qualcosa

Sii libera di ascoltare il tuo cuore

e avrai vinto

Si imbarcò su un sogno e cominciò a navigare fino a raggiungere la luna. Si sollevo’ lentamente, attraverso’ nuvole e spruzzi di vento. Il sole scivolava dietro l’orizzonte e quei fiori sul balcone seguivano il susseguirsi dei momenti, dei colori, della storia che ogni giorno si rinnova: petali, come raggi dipinti del colore caldo del sole, illuminavano altri petali bianchi, candidi come la luna brillante tra le stelle e tra essi stami e pistilli frementi di vita. Arrivo’ sulla luna Etta, con la sua barchetta di carta e navigo’in un mare in tempesta dove alta si alzava la polvere della sua tristezza. Navigo’, resistette alle intemperie, mentre la barchetta faceva un pieno di tenerezza per portarla nel punto della luna dove qualcuno aveva nascosto la pace del suo cuore. Passarono  i giorni e man mano da lassu’ vedeva I suoi fiori piegarsi e desiderare di morire: anche un petalo bianco era partito per raggiungere la luna e chiedere di raccogliere un granello di roccia lunare per salvare e dare vita perenne al sogno di un fiore. Ma non c’ era piu’ tempo: il sole torno’ a riprendersi il cielo e la luna nascose per sempre I sogni del tempo passato.

Il giorno sorprese Etta riversa sul foglio bianco come un astro brillante, come l’idea di poter navigare cullata dai sogni della sua vita. Accanto giaceva un fiore appassito che aveva concluso la sua storia d’ amore con la luna splendente.

 

¹Quando il sole e la luna, figli di Latona, / essendo uno nel segno dell’Ariete, l’altra in quello della Libra /si trovano sulla linea dell’orizzonte in due punti opposti del cielo/ e si trovano in perfetto equilibrio rispetto allo zenit( ‘l cenìt i’nlibra),/ si sciolgono da quella cintura/ cambiando emisfero, l’uno tramontando e l’altra sorgendo. Dante, Divina Commedia, Paradiso, cantoXXIX, versi 1-6 

Otto e il principe Orgoglio

22 martedì Nov 2016

Posted by paolina campo in pensieri, Sicilia

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affetto, bambini, lavoro, orgoglio, sogno

BOSCO ETNEO
BOSCO ETNEO
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C’era una volta un bambino bellissimo, ma anche tanto triste. Il suo papà lo aveva portato a lavorare presso un mugnaio che aveva il mulino così distante dalla loro casa che doveva alzarsi molto presto al mattino per raggiungerlo.

-Alzati!-gli comandava il padre-E’ ora di andare a lavoro. E questa sera ricordati di portare il sacco con la farina che ti darà il mugnaio.-

Il piccolo Otto obbediva. Attraversava campi e boschi, stradine e viottoli, sotto la pioggia o il sole cocente. Così ogni giorno, giorno dopo giorno. Andava al mattino e tornava la sera. Un po’ come il suo nome che andava e veniva, da destra verso sinistra e da sinistra verso destra, sempre allo stesso modo. La sua mamma aveva voluto chiamarlo Mariotto e poi Otto.

-Che bello il mio Mariotto! Che dolce il mio Otto!- E si riempiva la bocca con quel nome, così come si riempiva il cuore quando lo abbracciava. Era volata in cielo troppo presto lasciandogli quel nome ridondante e pieno d’amore.

 Una volta la stanchezza lo sorprese e cadde in un sonno profondo, rannicchiato ai piedi di un albero. Si addormentò profondamente. Nel sonno, vide lui stesso aprire gli occhi e stupirsi: un grande uccello gli accarezzava la guancia con il becco e con un’ala lo avvolgeva come per abbracciarlo. Non aveva mai visto un uccello così bello: delle piume di un forte colore azzurro gli coprivano il capo sul quale spiccavano delle piumette ritte colore dell’oro; il petto era di un giallo ocra che si intensificava fino ad assumere un caldo colore marrone; le sue ali verde smeraldo erano grandi e lucenti e la sua coda si apriva a ventaglio con tutte le sfumature del verde, del giallo, del marrone, dell’azzurro mescolato a tanti riflessi d’argento.

-Ciao piccolo! Sei molto stanco, vero?-

-Chi sei?- domandò il bambino

-Sali sulla mia schiena. Ti porto in alto, lassù, nel cielo a vedere quei boschi e quelle campagne che sempre attraversi e di cui mai hai notato la bellezza. Capirai cosa io rappresento.-

Otto accettò fiducioso quell’invito e, in groppa al suo uccello fantastico, si sentì pronto a iniziare il volo, mentre il suo viso si illuminava di gioia per quell’esperienza unica e eccezionale.

-Vedi laggiù quelle macchie colorate sulla montagna? Sono i laghetti dell’orgoglio- gli spiegava l’uccello.

-Quello giallo ocra è il laghetto dell’orgoglio di saper bene usare l’intelligenza; quello marrone è il laghetto dell’orgoglio di saper bene usare la forza fisica; quello azzurro è il laghetto dell’orgoglio di saper bene usare la parola, il linguaggio. Guarda quanto è bello quello argentato, splendente come una pietra preziosa al sole. E’ il laghetto dell’orgoglio di sapere ascoltare il proprio cuore. In ogni laghetto vivono dei folletti molto laboriosi che preparano delle bottigliette di prezioso orgoglio. Tutto il verde che vedi attorno è la vita che scorre, che tutto muove. Vuoi scendere in uno di quei laghetti?-

Otto fece cenno di sì con la testa, mentre sentiva il cuore battere forte e un sorriso a labbra strette nascondeva un’emozione e una felicità mai provate prima. Si immersero nel laghetto giallo e subito dei folletti verdi con cappello e mantellina gialla lo accolsero festosi, invitandolo a visitare il loro laboratorio. Otto rimase stupito nel vedere tante di quelle ampolline, bottigliette e vetrini e altro ancora che servivano perché il liquido fosse confezionato puro e efficace. Intanto il bimbo notava che il suo corpo si copriva a tratti di giallo e più avanzava nel laghetto, più sentiva  crescere dentro di sé una forza nuova. Visitò tutti i laghetti e in ognuno trovò simpatici folletti verdi con cappelli e mantelline di colori diversi a seconda del posto in cui vivevano e lavoravano, e ogni volta tracce di colore gli dipingevano il corpo. Doveva ancora immergersi nel laghetto argentato, ma rimase fermo a guardarlo incantato: era davvero il più bello e sentiva una certa soggezione al pensiero di toccare quello specchio di acqua lucente. Il suo compagno di viaggio lo incoraggiò e insieme si immersero nel lago argentato. I folletti si inchinarono alla vista dell’uccello che maestoso avanzava con Otto sul dorso. I due raggiunsero un laboratorio dove tutto brillava e un alito vitale si spandeva fino a raggiungere il cuore del bambino che si sentì all’improvviso leggero e felice come chi finalmente aveva trovato la cosa più preziosa che avesse al mondo: la voce del suo cuore.

Fu allora che il grande uccello cominciò a parlare:

-Le mie piume sono cariche di liquido che i folletti preparano e poi versano sul mio corpo per mantenere forte il significato della mia esistenza: sono il principe Orgoglio, guai se i miei colori sbiadissero! Tutti gli uomini perderebbero la forza di andare avanti, perderebbero la fiducia in sé stessi. Purtroppo l’uomo a volte è stolto e usa impropriamente tale forza, arrogandosi il diritto di superare il limite di Umiltà. Allora diventa cattivo e rischia di rimanere da solo: non c’è niente di più triste di un uomo solo. Impara Otto a usare l’orgoglio di essere uomo con umiltà e la vita ti regalerà tante gioie che sentirai ogni volta che avrai costruito qualcosa con impegno, mettendo in campo tutte le tue risorse.-

Il bimbo si svegliò all’improvviso, si alzò in piedi e cercò invano il suo amico. Capì che aveva incontrato quella creatura in sogno e che era arrivato il momento di tornare sui suoi passi.

 Il grande uccello tornò spesso nei sogni di Otto e la sua vita, umile, fu sempre costellata dalla soddisfazioni di avere raccolto i frutti del suo orgoglio.

Il mondo, fuori di me

30 giovedì Giu 2016

Posted by paolina campo in pensieri

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Tag

cartine geografiche, fotografie, musica, realtà, sogno

Nella geografia della vita incontri persone che, come Marco Polo, ti portano attraverso i loro racconti in paesi che non hai mai visitato o che hai visitato ma non ne conosci alcuni particolari; o almeno, senza quei racconti, non sarebbero venuti fuori e non sarebbero mai stati oggetto della tua curiosità. In fondo, di nulla si può essere curiosi se non si è attratti da ciò che da qualche parte o in qualche modo si fa vedere; e, d’altra parte, di nulla si può essere curiosi se non ci si predispone alla curiosità.

Quando ero una ragazzina facevo spesso un sogno: mi vedevo dietro una porta che da uno spiraglio faceva uscire un fascio di luce. Aprivo quella porta e scoprivo che più avanti un’altra mi invitava con un altro fascio di luce e, un po’ come Alice nel paese delle meraviglie o Dorothy nel mondo di Oz, mi trovavo a seguire un percorso di fasci di luce che non sembrava avere una fine. Vivere con curiosità, forse è questo che rappresentavano quei fasci di luce, per riuscire a pensare che “dopo” c’è sempre qualcosa.

Le foto e le cartine geografiche sono cattedrali di informazioni, vicende, storie che, come nel sogno, si celano dietro porte dagli spiragli luminosi. Di fotografie, certo poco professionali, ne faccio un uso continuo: toccano le mie note più nostalgiche, rappresentano un tuffo in un passato del quale avverto odori, suoni, sensazioni. Ma gli orizzonti si allargano e diventa a volte inevitabile andare oltre l’ esperienza personale. Le cartine geografiche sono un po’ come delle matrioske. Questa, ad esempio

 armenia

evoca i tormenti della popolazione armena, la fine della dinastia zarista, la rivoluzione bolscevica, Lenin, Stalin. Da quella cartina cominciai un giorno a vedere volare le note di grandi compositori che erano dentro quella storia.

Dall’Armenia fuggivano tante famiglie oppresse dalla povertà di un paese senza sbocco sul mare e oggetto di attacchi da parte dei turchi e dei russi. Fuggiva anche la famiglia di Aram Chacaturjan, nato in Georgia da una famiglia povera di origine armena, grande compositore che a Mosca studiò violoncello e composizione. Non dimenticherà mai la sua origine, e le sue opere porteranno sempre impressa un’impronta popolare e appassionata. La sua musica sarà apprezzata dal regime sovietico tanto da venire insignito del premio Lenin e del premio Stalin.

Le date? E’ ieri, ma anche oggi. Nella cartina ci siamo noi che guardiamo e sogniamo; ci siamo noi che viaggiamo con gli occhi e la mente di chi, con i suoi studi e la sua esperienza, ci guida e ci porta lontano.

Il pittore di nuvole

20 mercoledì Gen 2016

Posted by paolina campo in libri

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colori, danza, mattina, nuvole, sogno

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Il giorno dopo la festa, Assunta si era svegliata con una grande agitazione nel cuore.

Aveva fatto un sogno strano. Si vide smarrita tra i sentieri di una grande montagna che sembrava cambiare colore al mattino, a mezzogiorno e alla sera.

Presso il pendio della montagna un piccolo uomo danzava leggero: un passo avanti, un ondeggiare del busto e poi ancora un passo. Danzava e con entrambe le mani teneva un lungo pennello che intingeva in una delle sorgenti che si affacciavano dalla roccia e poi lo portava al cielo. Si muoveva tra latte di colore diverso: bianco, rosa, arancione, violetto, grigio…e dipingeva. Dipingeva nuvole.  

-Chi sei?-chiese Assunta-Ti prego! Rispondimi! Sto cercando il mio Vincenzo. Dov’è? E’ tra le tue nuvole?-

Ma egli continuava a dipingere e danzare. Poi si girò verso di lei.

-Vincenzo!-gridò. E si svegliò.

(Paolina Campo, A FINE GIORNATA, A&B editrice, 2015, pag.44)

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